Archivio per la categoria ‘Terra – Sole- Tutto il cielo

Dio ogni qualche millennio si manifesta   Leave a comment

Majorana

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Mondeggi bene comune   Leave a comment

COMITATO VERSO MONDEGGI BENE COMUNE

La Carta dei Principi

1: Promuovere la gestione di Mondeggi come bene comune e impedirne la privatizzazione.

2: Creare percorsi sperimentali di custodia del bene comune da parte di comunità di persone che si uniscono con questo intento, mantenendo una forte relazione con la comunità territoriale.

3: Generare ricchezza diffusa (sociale, ambientale, relazionale) costruendo un’economia locale che si autosostiene, che conserva il patrimonio naturale ed edilizio e lo mantiene accessibile e fruibile, impedendo ulteriori sprechi di denaro pubblico.

4: Sostenere esperienze di ritorno alla terra come scelta di vita e opportunità di lavoro alternativo al lavoro dipendente attraverso forme di autogestione.

5: Promuovere l’agricoltura contadina come strumento di autodeterminazione alimentare e salvaguardia del patrimonio agro-alimentare, e sostenere un’agricoltura naturale nel pieno rispetto dell’ambiente, degli esseri viventi e della dignità umana.

6: Innescare percorsi inclusivi di aggregazione e partecipazione  con particolare attenzione al disagio sociale e alla disabilità, attraverso pratiche di accoglienza e condivisione del lavoro.

7: Promuovere stili di vita sobri basati sulla pratica:

–          di forme di autocostruzione e autorecupero.

–            dell’autosufficienza energetica con tecniche povere e nuove tecnologie che non compromettano la vocazione agro-alimentare della terra.

8: Stimolare e accogliere tutte le forme di arte che rispettino lo spirito di questa carta e che sono sale e nutrimento della vita comunitaria.

9: Custodire e curare i valori storici e paesistici del territorio, garantendo l’uso comunitario delle Acque, dei Boschi e dei Percorsi Storici e di tutti i valori ambientali ed ecologici, in una progressiva acquisizione partecipata del valore culturale dei luoghi.

Carta degli Intenti – Verso Mondeggi Bene Comune

L’intento principale è quello di riabitare Mondeggi, insediando nuclei familiari e singole persone nelle abitazioni rurali già esistenti della Fattoria, in modo da ricostituire il “popolo di Mondeggi” che dovrà essere composto in primo luogo da coloro che si dedicheranno al lavoro della terra.

All’interno del nuovo villaggio contadino verrà praticata un’agricoltura familiare dedicata all’autosufficienza alimentare dei poderi, attraverso orti condivisi e piccoli allevamenti da cortile, inoltre gli abitanti – assieme anche a persone non residenti a Mondeggi, ma che vorranno lavorarci tutti insieme nell’intento di ridurre progressivamente l’impronta ecologica costituiranno la “Fattoria senza padroni” che si articola mediante due forme assembleari:

L’Assemblea di Fattoria e l’Assemblea plenaria territoriale.

L’Assemblea di Fattoria stabilirà la forma associativa, lo statuto e il regolamento e definirà i metodi di funzionamento interno inclusa la turnazione dei responsabili della gestione, inoltre sarà lo strumento primario di organizzazione del lavoro, delle risorse, e dei piani colturali, basandosi su i seguenti principi cardine:

–          la solidarietà al posto della concorrenza;

–          la giustizia sociale;

–            l’uguaglianza e la reciprocità dei diritti;

–          l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali;

–          la salute dei produttori e dei consumatori;

–          la salvaguardia e l’incremento della biodiversità e della fertilità dei suoli.

–          l’utilizzo di forme di finanza mutualistica e solidale e di pratiche di scambio e di baratto.

Sulla base di questi principi l’Assemblea di Fattoria si occuperà delle colture più impegnative per estensione e da reddito, organizzandosi in gruppi di interesse, ritenendo vitale lo scambio di manodopera e il mutuo soccorso.

I mezzi di produzione potranno essere di proprietà collettiva o individuale, mentre i locali di spaccio, trasformazione e stoccaggio saranno comunitari. I prodotti contadini verranno distribuiti al pubblico direttamente nello spaccio della Fattoria e attraverso il circuito dei Mercati Contadini e dei Gruppi d’Acquisto Solidale.

Dato che la Fattoria di Mondeggi è per tutti noi un bene comune, riteniamo che appartenga alla comunità territoriale che con essa ha rapporti storici e culturali.

Nostro intento quindi, sarà quello di includere per quanto possibile, la comunità nella gestione partecipata.

L’Assemblea di Fattoria, con questi intenti assumerà le decisioni al suo interno mediante il Metodo del Consenso e le sottoporrà all’Assemblea plenaria territoriale che potrà esprimere pareri e modifiche con il medesimo Metodo.

Le due Assemblee sono composte da persone singole, nel rispetto della Carta dei Principi.

La fattoria aperta

La prossimità di Mondeggi all’area urbana risulta strategica per rinnovare le relazioni fra città e campagna, sensibilizzando e coinvolgendo cittadini-consumatori sempre più consapevoli e contadini-produttori sempre più responsabili in percorsi di co-produzione.

Per questi motivi la “Fattoria senza padroni” sarà sempre aperta alla popolazione attraverso varie attività: laboratori didattici per bambini e non solo, un calendario di visite alla fattoria sul modello dei percorsi di Garanzia Partecipata, programmi di integrazione della disabilità, momenti di festa e convivialità legati alle produzioni stagionali, ma soprattutto attraverso un confronto costante tra l’Assemblea dei residenti e l’Assemblea plenaria territoriale per Mondeggi Bene Comune – Fattoria senza padroni, in un virtuoso rapporto di reciproca dipendenza.

Questa mutua dipendenza dovrà essere sempre salvaguardata.

A scuola dai contadini

Sappiamo bene che non si può parlare di ritorno alla terra, di “rinascimento dell’agricoltura” se non si creano momenti di trasmissione gratuita dei saperi e delle buone pratiche.

Per questo riteniamo che il villaggio contadino che potrebbe nascere a Mondeggi sarebbe il luogo ideale per una scuola di vita contadina.

Questo tipo di attività formativa potrebbe inoltre avvalersi del contributo dell’Ass.WWOOF Italia, vista la sua esperienza pluridecennale nel mettere in relazione le persone che vogliono fare pratica di agricoltura naturale e le aziende che già la fanno.

Oltre alla conoscenza diretta delle pratiche agricole la Scuola Contadina potrebbe anche offrire incontri e seminari dedicati, proporre mostre e presentazioni di libri sulla civiltà contadina e l’agricoltura naturale, convegni, mostre e tutte quelle attività volte alla promozione dei contenuti della presente Carta dei Principi e degli Intenti in collaborazione con tutti coloro che vi ci si riconoscono.

Il parco della condivisione

Perché Mondeggi sia un luogo di condivisione avanziamo queste proposte:

– dedicare parcelle di seminativo ad orti sociali e condivisi, assegnati dalle assemblee a gruppi di famiglie o singoli che vogliano dedicarsi all’autoproduzione di almeno una parte del proprio fabbisogno alimentare;

– creare un vivaio “popolare” contadino per la produzione di piantine biologiche che vada incontro alle esigenze dei piccoli produttori, degli amatori e di chi produce per l’autosostentamento e che possa coinvolgere nel ciclo produttivo anche persone in difficoltà. Il vivaio avrà inoltre le funzioni di recupero del germoplasma, valorizzazione della biodiversità agraria e vegetale, di banca del seme, riproduzione di varietà rare o antiche, luogo di incontro, confronto e scambio di conoscenze sui semi/marze, innesti, lieviti ed esperienze su tempi, modi e tecniche colturali senza utilizzo di prodotti chimici di sintesi;

– allestire un apiario didattico dove poter osservare in tranquillità il volo delle api;

– allevare animali dedicati sia a fini produttivi che terapeutici nei principi del benessere reciproco;

– allestire uno spazio dedicato al gioco dei piccoli e dei meno piccoli;

– realizzare un teatro di paglia dove organizzare nel periodo estivo rassegne di teatro, musica e balli nell’aia e dinamicamente tanto altro;

– fare di Mondeggi il centro di itinerari di conoscenza e di pratica amichevole dei valori del Territorio, a cominciare dalle terre pubbliche di Bagno a Ripoli.

– organizzare momenti di raduno nazionale delle reti contadine.

Mondeggi Bene Comune – Fattoria senza padroni sarà un percorso di sperimentazione sociale in continua evoluzione.

Questo documento, è il risultato di un percorso partecipativo, che si è sviluppato attraverso molteplici incontri, iniziative e assemblee pubbliche.

Pubblicato 26 marzo 2014 da Massimo Bandinelli in Animo, Terra - Sole- Tutto il cielo

22 marzo 2012 – Conferenza di Francesco Celani al CERN di Ginevra.   Leave a comment

Panoramica del progresso teorico e sperimentale nelle reazioni nucleari a debole energia ( LENR )

Overview of Theoretical and Experimental Progress in LENR

Risparmiare un sacco di energia   Leave a comment

Keppe motor

Era il 1977 e John A.Eddy scriveva, il caso delle macchie solari scomparse   Leave a comment

Fonte:          New Ice Age  (Michele)

Svariate testimonianze dimostrano che, tra il 1645 e il 1715, l’attività solare subì un drastico rallentamento: probabilmente quello non fu un episodio isolato

 – Articolo ripreso dalla rivista “Le scienze” n°109 del Settembre 1977

 Nel 1893 E. Walter Maunder, sovrintendente per le ricerche solari del Royal Greenwich Observatory a Londra, studiando vecchi libri e riviste poteva credere a stento ai dati che trovava. Sembrava che per molti anni fosse sfuggita una fondamentale verità: il Sole non era cosi regolare e prevedibile come tutti avevano sempre pensato. Se quello che Maunder stava leggendo era degno di fede, allora il Sole doveva avere subito importanti mutamenti in tempi relativamente recenti. Più esattamente,le vecchie cronache mostravano che per un periodo di 70 anni, che finiva nel 1715 circa, le macchie e altri fenomeni di attività solare erano scomparsi dal Sole. Maunder sapeva che, se tutto ciò era realmente accaduto, si sarebbero potute trarre profonde implicazioni non solo per astronomia, ma forse anche per il clima e quindi per le future condizioni di vita sulla Terra.

Le macchie costituiscono il fenomeno solare meglio conosciuto e il ciclo di circa 11 anni in cui esse appaiono e svaniscono e uno degli eventi astronomici meglio documentati. Sebbene per secoli in Oriente gli astronomi avessero osservato grandi macchie solari a occhio nudo, nel mondo occidentale le macchie oscure sul Sole furono sostanzialmente ignorate fine al 1611, quando furono viste col telescopio da Galileo e da numerosi altri. Da allora in poi sono state tenute sotto costante osservazione telescopica. Nel 1843 l’astronomo dilettante tedesco Heinrich Schwabe dedusse dalle sue stesse osservazioni che se si rappresentava graficamente il numero medio di macchie viste in un anno, si poteva individuare un andamento ciclico con un periodo di circa 10 anni. La sua scoperta sorprese gli astronomi professionisti, che da tempo ritenevano che non ci fosse nulla di periodico nella comparsa delle macchie solari o in altri fenomeni di attività solare. Poco dopo annuncio di Schwabe, però, altri osservatori confermarono l’esistenza del ciclo, fissandone il periodo in 11,2 anni. Facendo uso di vecchi rapporti di osservatorio, l’astronomo svizzero Rudolf Wolf stabilì anche che il ciclo si ripeteva continuamente almeno dal 1700, anno che riteneva essere il limite di affidabilità per i dati disponibili. Nel 1893 era ben noto che il ciclo delle macchie solari era associato ad altri segni dell’attività solare e a fenomeni terrestri ricorrenti come le aurore boreali. La curva del numero di macchie solari per anno dal 1700 in poi appariva come una delle manifestazioni di un fenomeno periodico che si ripeteva invariabilmente sia nel passato che nel futuro. Quasi tutti erano convinti che le macchie solari e il ciclo di 11 anni non fossero fenomeni isolati a carattere transitorio. Anche allora come adesso si accettavano quei fenomeni come prove della regolarità dell’attività solare, dal che si deduceva che il Sole era stazionario e prevedibile.

Nel 1893 il Sole attraversava la fase di massima attività del ciclo delle macchie solari ed erano visibili centinaia di macchie, come Maunder ben sapeva. Anche negli anni in cui il ciclo e in fase di minimo si trova almeno qualche macchia solare: e raro che passi un mese intero senza che compaiano macchie sul Sole. Ma nei resoconti ammuffiti del XVII secolo, in un periodo di poco anteriore a quello corrispondente all’inizio della curva familiare che rappresenta la frequenza delle macchie solari, Maunder aveva trovato rapporti originali secondo i quali erano trascorsi anni e anni senza che apparissero macchie solari. Per 32 anni non fu osservata nemmeno una macchia nell’emisfero nord del Sole. Per 65 anni non si vide mai più di un solo piccolo gruppo di macchie per volta. Passarono vari periodi, che durarono anche 10 anni, senza che si trovassero macchie sul Sole. Maunder scopri che il numero totale di macchie solari osservate tra il 1645 e il 1715 era inferiore al numero di macchie che si vedano oggi (1977) in un solo anno di attività media.

Nel 1894 Maunder pubblicò un articolo intitolato: Un minimo prolungato dalle macchie solari in cui dava i dettagli di quello strano periodo nella storia del Sole e richiamava attenzione sulle possibili conseguenze. Se la scarsità apparente delle macchie era reale, l’astronomia solare avrebbe tremato fino alle fondamenta. Maunder fece notare che quel periodo così insolito avrebbe potuto fornire un test estremamente significativo sulle relazioni tra Terra e Sole: se il normale sviluppo del ciclo undecennale delle macchie solari era rilevabile nei cambiamenti del campo geomagnetico o forse delle condizioni atmosferiche, allora una modificazione prolungata nell’attività del Sole avrebbe dovuto essere accompagnata da effetti importanti sulla Terra. Non si sa con precisione se qualcuno prestò attenzione a Maunder. Un articolo precedente, che egli scrisse sullo stesso argomento, non venne tenuto in gran canto; uguale sorte toccò a un lavoro pubblicato un anno prima dall’astronomo tedesco Gustav Spfirer, che per primo spinse Maunder a interessarsi del periodo carente di macchie solari. Maunder non desistette. Nel 1922 ci riprovò con un altro articolo, che intitolo nuovamente; Un minimo prolungato delle macchie solari, in cui metteva ancora in evidenza l’importanza di quei 70 anni per l’astronomia solare e per la fisica terrestre. Sei anni più tardi Maunder mori, e il ciclo delle macchie solari continuò a ripetersi regolarmente quasi a prendersi gioco di lui. I suoi articoli furono dimenticati oppure furono ritenuti il prodotto di un entusiasta che riponeva troppa fiducia in resoconti vecchi e approssimativi.

Parecchi anni fa pensai che fosse tempo di chiarire il caso delle macchie solari mancanti che da troppo tempo pendeva imbarazzante come uno scheletro nell’armadio della fisica solare. Era stato disturbato da riferimenti occasionali a tale problema in relazione con un cambiamento contemporaneo del clima mondiale. Come astronomo solare ero certo che una cosa simile non sarebbe mai potuta accadere e il mio interesse per la storia rendeva particolarmente attraente la prospettiva di un’analisi critica delle affermazioni di Maunder.

II problema si presentava con la trama di un giallo si diceva che un crimine, grave per l’astronomia e forse per la Terra stessa, fosse state commesso in passato. Tutto ciò era realmente avvenuto ? Gli indizi originali che Maunder aveva seguito nello sviluppo del caso avevano ora più di 250 anni, ma si trovavano ancora infatti nelle biblioteche che conservano le cronache del XVII e del XVIII secolo. Ancora più incoraggiante era il fatto che nuove informazioni si erano acquisite col progredire della fisica solare nel mezzo secolo successivo alla morte di Maunder. Le nuove informazioni comprendevano cataloghi di osservazioni storiche di aurore boreali, compilazioni di macchie solari osservate in Oriente a occhio nudo e una più profonda comprensione di come apparirebbe un Sole completamente inattivo durante un’eclisse totale. Ma soprattutto potevano trovare uno strumento particolarmente efficace nell’analisi moderna degli anelli di accrescimento annuale degli alberi.

Disegno di macchie solari pubblicato nell XVII secolo da Johannes Hevelius di Danzica nel suo libro intitolato Selenographia (1647). Esso mostra il progredire di vari gruppi di macchie attraverso la superficie del Sole a causa della sua rotazione in un periodo che va dal 22 maggio 1643 al 31 maggio dello stesso anno.Facendo uso di una serie di disegn i di questo genere,l’autore e i suoi collaboratori hanno potuto calcolare la velocità con cui ruotava verso la metà del XVII secolo, proprio all’inizio del periodo di 70 anni in cui le macchie solari furono quasi assenti. La forma delle macchie nel disegno e i particolari della loro ombra oscura, circondata dalla penombra più chiara, dimostrano che la qualità dei telescopi del XVII secolo era sufficientemente elevata da permettere agli astronomi dell’epoca di osservare le macchie solari con un dettaglio sostanzialmente analogo a quello ottenibile con gli strumenti di oggi.

L’aspetto importante par il mio lavoro non era la larghezza degli anelli, che dà indicazioni solo sul clima locale, ma il loro contenuto chimico che conserva una registrazione indiretta dei cambiamenti del Sole. Maunder non conosceva nessuno di questi indizi. Nessuno di essi era di per se stesso conclusivo. La loro somma però, con i rapporti storici originali potrebbe forse risolvere il problema.

Studiando i resoconti degli astronomi dell’epoca trovai con mia sorpresa che corrispondevano esattamente alla descrizione data da Maunder, cosi che cominciai a chiamare <<minimo di Maunder>> il periodo di scarsità delle macchie solari. Quando una nuova macchia solare fu osservata nel 1671, nel bel mezzo del minimo di Maunder, il direttore di <<Philosophical Transactions of the Royal Society of Landon>> si sentì in dovere di affermare: <<A Parigi l’eccellente Signor Cassini ha osservato recentemente nuove macchie sul Sole, dopo tutti questi anni in cui, per quanto ne sappiamo, non se ne videro>>.

Seguiva la descrizione dell’ultima macchia solare osservata, 11 anni prima, a beneficio dei lettori che avevano dimenticato che aspetto avessero. Lo stesso Cassini (G.D. Cassini, fondatore e primo direttore dell’Osservatorio di Parigi) scrisse dello stesso evento: <<Sono passati circa 20 anni da l’ultima osservazione di macchie di grosse dimensioni sul Sole, sebbene prima di allora gli astronomi ne abbiano viste regolarmente da che è stato inventato il telescopio. Come si sarebbero potute scrivere parole simili in un periodo di normale comportamento del Sole.

Le velocità di rotazione del Sole all’equatore aumentò proprio prima dell’inizio del minimo di Maunder. II Sole non ruota come un corpo rigido: le regioni equatoriali ruotano più rapidamente delle altre. Qui e rappresentata in gradi per giorno In velocità odierna di rotazione del Sole a latitudini diverse (in grigio). Le osservazioni di Scheiner mostrano che la velocità di rotazione del Sole nel decennio iniziato nel 1620 (in nero) non differiva sostanzialmente da quella odierna. Le osservazioni di Hevelius nel decennio iniziato nel 1640(in colore) rivelano però; che la velocità di rotazione del Sole all’equatore era tre volte più alta di quella dei poli. Non si sa se ciò fu causa o conseguenza del minimo di Maunder.

Ma possiamo fidarci degli antichi osservatori ? Fine a che punto erano efficienti i loro telescopi? Con quanta attenzione cercarono le macchie solari? Il XVII secolo appartiene a un passato molto lontano: era l’età di Luigi XIV, e la gente vestiva strani abiti e scriveva con stile pesante ed elaborato. Contemporaneamente però, Cassini scopri la separazione principale tra gli anelli di Saturno e si trovò che Saturno aveva almeno cinque satelliti. Il minimo di Maunder ebbe inizio 35 anni dopo che Galileo costruì il suo primo piccolo telescopio. In quegli anni sia l’ottica che l’astronomia ebbero un grande sviluppo. Il XVII secolo fu l’epoca dei telescopi sospesi che avevano fino a 60 metri di lunghezza focale. Fu l’epoca del primo telescopio riflettore di Newton e di molte altre innovazioni. Gli astronomi osservavano e contavano le macchie sul Sole più o meno come si fa oggi, e i loro strumenti erano poco diversi da quelli che furono usati per lo stesso scopo nei due secoli successivi. I loro schizzi di macchie solari, conservati nelle annotazioni e nei libri, sono dettagliati quasi quanto quelli degli osservatori del 1977. Sono convinto che gli astronomi del tempo di Luigi XIV possedevano strumenti e abilità sufficienti per vedere tutte le macchie solari, tranne le più piccole – sempre che ci siano state macchie solari da vedere. Credo che quegli osservatori non furono meno bravi di noi, che molto probabilmente ebbero uguale iniziativa e interesse professionale e forse avevano più tempo per stare al telescopio. Tennero il Sole sotto costante osservazione? Oppure Maunder scambio l’assenza di prove per una prova di assenza? Due fatti mi suggeriscono che non c’è problema di assenza di prove. La mancanza di macchie solari fu notata più volte in quel periodo, e se si accetta che gli osservatori del XVII secolo ragionassero come noi, penso che dovettero scrutare il Sole con particolare attenzione per cercare nuove macchie e verificare se quella scarsità, che già allora sembrava strana, era reale o no. Inoltre, gli articoli nelle riviste dell’epoca mostrano che la scoperta di una nuova macchia solare era ragione sufficiente per la stesura di una pubblicazione. Oggi invece, anche nei periodi di minimo si possono vedere tante macchie che se si scrivesse un articolo per ogni macchia, nessuna rivista potrebbe pubblicarli tutti.

Il ciclo delle macchie solari non è regalato ne in frequenza ne in ampiezza, come si può vedere in questo grafico del numero delle macchie solari per anno, che ci indica quante macchie furono visibili sulla superficie del Sole fra il 1610 e il 1976. L’intervallo di tempo tra due massimi del ciclo delle macchie solari non è sempre di 11 anni; è stato anche di soli otto anni o si è esteso fino a 17. Inoltre, alcuni massimi, come quello del 1959, sono molto più pronunciati di altri, per esempio di quelli dell’inizio del XIX secolo. L’autore suole chiamare il periodo dal 1645 al 1715 minimo di Maunder, dal nome del fisico britannico E. Walter Maunder, che per primo ipotizzò che tale periodo potesse avere influito sulle condizioni terrestri. I dati sulle macchie solari osservate prima del 1650 sono approssimativi. Il primo picco attorno al 1612 è stato dedotto da Galileo; il secondo da quelle di Christoph Scheiner, registrato nel suo libro Rosa Ursina; il terzo da quelle di Hevelius.

E’ possibile che le condizioni atmosferiche abbiano ostacolato le osservazioni ? E’ possibile che l’Europa abbia avuto per 70 anni un numero così insolitamente grande di giorni di cielo coperto, da tenere gli astronomi lontani dai loro telescopi? Fu in effetti un periodo insolitamente freddo per l’Europa, ma non fu un periodo di cielo totalmente coperto. Se così fosse stato, avremmo trovato sulle riviste le lamentele degli astronomi, che non hanno mai avuto la fama di essere pazienti ne silenziosi. [inoltre, nel XVII secolo l’astronomia notturna fu attiva ed efficiente: si avvistarono comete regolarmente e i progressi che furono fatti allora nella conoscenza dei pianeti richiesero non solo cieli liberi, ma anche atmosfera non turbolenta. Resoconti storici sulle aurore boreali – le <<luci del nord>> – lasciano ancor meno spazio per i dubbi sulla realtà del minimo di Maunder. L’apparizione di fenomeni d’aurora e connessa al livello di attività solare. Al di sotto del Circolo Polare Artico il numero di notti in cui si vedono aurore boreali e ben correlato col numero di macchie sul Sole. In generale la frequenza di osservazione delle aurore boreali dipende anche dalla distanza dell’osservatore dai poli magnetici terrestri. Le aurore boreali sono più frequenti alle latitudini più elevate e sono rare all’equatore, infatti a basse latitudini la geometria delle linee di forza del campo magnetico terrestre scherma l’atmosfera dalle particelle emesse dal Sole che causano le aurore boreali. In 70 anni di normale attività solare e possibile osservare almeno 500, ma forse anche 1000, aurore boreali nelle regioni europee densamente popolate. Ma ben poche aurore boreali furono viste in Europa tra il 1645 e il 1715. Perfino in Scandinavia, dove oggi è possibile vedere aurore boreali quasi ogni notte, se ne osservarono così poche da essere ritenute fenomeni eccezionali e portentosi. Durante il minimo di Maunder ci fu un periodo di 37 anni in cui non fu registrata neppure un’aurora boreale su tutta la Terra. Quando finalmente se ne vide una in Inghilterra nel marzo del 1716, alla fine del minimo di Maunder, l’astronomo Edmund Halley, che era allora Astronomo Reale, si senti in dovere di scrivere un articolo per cercare di spiegare il fenomeno. Egli confessò di non avere mai visto aurore boreali in precedenza, nonostante che avesse gia 60 anni e avesse sempre cercato di osservarne una: Halley non sapeva di essere vissuto a cavallo della maggior parte del minimo di Maunder.

Il minimo di 70 anni delle macchie solari e particolarmente evidente se si mette in grafica anno per anno il numero di aurore boreali storicamente registrate. Maunder avrebbe trovato validi motivi per scrivere i suoi articoli semplicemente guardando quel grafico. Nei conteggi di aurore boreali storicamente noti, c’è però un altro fatto che richiede spiegazioni. Nei tempi antichi fu registrato un numero di aurore boreali molto piccolo rispetta ai valori odierni, Come mai se ne videro cosi poche anche prima del 1645 ? I resoconti mostrano che il numero di aurore boreali registrate comincia a crescere rapidamente verso il 1550, è interrotto dal minimo di Maunder, e poi ha un incremento di un fattore pari a circa 20 dopo il 1716. Fino a che punto il rapido aumento nel numero di aurore boreali registrate dopo il 1550 può essere stato prodotto da ragioni sociali, cioè essere una conseguenza dell’interesse per l’astronomia nel Rinascimento, oppure, in un secondo tempo, dell’articolo di Halley? Ho il sospetto che gran parte dell’aumento del numero di aurore boreali registrate dopo le epoche medievali sia stato prodotto da ragioni sociali. Altri fatti mi fanno pensare però che almeno una parte di esso sia un effetto fisico prodotto da cambiamenti reali del Sole. Ci sono indizi che suggeriscono che in tempi antichi ci furono altri periodi prolungati simili al minima di Maunder. Essi appaiono chiaramente in antiche registrazioni di aurore boreali e di macchie solari osservate a occhio nudo. Sono così giunto a pensare che la frequenza odierna di macchie solari e di aurore boreali è probabilmente insolito, se confrontato con i valori medi ottenuti facendo la media su tempi molto lunghi, e che l’attività del Sole e aumentata continuamente dopo il XVII secolo, fine a raggiungere un livello molto elevato – un livello forse mai raggiunto in questo millennio.

Resoconti sull’osservazione di macchie solari senza l’aiuto di un telescopio forniscono un controllo sull’attendibilità dei dati sulle aurore boreali e sulla realtà del minimo di Maunder. Si ha notizia di osservazioni di macchie sul Sole almeno fin dal quinto secolo avanti Cristo e dopo allora furono registrate con regolarità soddisfacente, soprattutto in Oriente. E’ facile osservare a occhio nudo macchie di grandi dimensioni o gruppi di macchie all’alba o al tramonto, oppure quando il Sole è fortemente oscurato e colorato di fumo. Nel 1933 l’astronomo giapponese Siguru Kanda compilò una lista di osservazioni di macchie solari fatte a occhi nudo in Giappone, Cina e Corea. Egli trovò che nell’era cristiana sono state viste in media da cinque a 10 macchie per secolo, comprendendo pochi periodi in cui si vedevano macchie con maggiore frequenza e vari altri in cui non si vedeva nessuna macchia. Uno di questi periodi di assenza di macchie si estende dal 1584 al 1770, comprendendo pertanto il minimo di Maunder. Questa prova non è conclusiva, e ci sono ragioni di carattere sociale che potrebbero render conto dei periodi privi di macchie, soprattutto se si tiene canto che il numero di osservazioni è cosi basso.

Sarei propenso a dimenticare i periodi senza macchie solari registrati in Oriente trattandoli come semplici coincidenze, se non fosse per il fatto che le osservazioni delle macchie solari a occhio nudo concordano molto bene con la frequenza delle aurora boreali osservate in Europa in più di 2000 anni.

Oltre ai resoconti sulle aurore boreali e sulle macchie solari, le descrizioni dell’aspetto della corona solare durante le eclissi totali forniscono un altro genere di informazione per verificare il livello di attività del Sole nel passato. Quando ci sono molte macchie la forma della corona, tenue atmosfera esterna del Sole, e molta diversa da quella che si osserva quando ce ne sono poche. Le macchie solari sono sede di intensi campi magnetici sulla superficie dcl Sole, e quei campi magnetici modellano i pallidi bianchi pennacchi coronali che si vedono attorno al Sole durante un’eclisse totale. Quando ci sono sul Sole molte macchie, e pertanto intensi campi magnetici concentrati, la corona e tutta solcata da pennacchi che si estendono dal Sole come i petali di una dalia. Quando sono presenti meno macchie solari, il numero di pennacchi coronali diminuisce come se qualcuno avesse strappato via i petali. In fase di minimo delle macchie la corona vista durante un’eclisse totale appare debole e con pochi pennacchi limitati alla regione equatoriale. Che cosa accadrebbe della corona se non ci fosse nemmeno una macchia, e non ne fosse apparsa nessuna da anni o da decenni? Un osservatore vedrebbe ancora la luce zodiacale, o <<falsa corona>>, attorno al disco nero della Luna, un anello sottile di fioca luminosita rossastra senza alcun pennacchio ? A differenza della vera corona, la luce zodiacale non fa parte dell’atmosfera solare, ma è semplicemente luce solare diffusa dalle polveri nello spazio interplanetario. La luce zodiacale è sempre presente durante un’eclisse totale di Sole, ma solitamente non e visibile a causa della maggiore luminosità della corona.

Tra il 1645 e il 1715 ci furono 63 occasioni per osservare il Sole eclissato totalmente. Ho cercato di rintracciare le osservazioni di tutti quegli eventi per trovare descrizioni della corona durante il minimo di Maunder. La maggior parte delle eclissi era osservablle solo da regioni inaccessiblli, e non era uso comune nel XVII e nel XVIII secolo mandate, come si fa oggi, spedizioni in occasioni di eclissi a seguire l’ombra della Luna fino in capo al mondo. Alcune eclissi erano però osservabili da luoghi prossimi a osservatori europei, e furono seguite molto attentamente. Nessuna eclisse visibile in Europa andò perduta, e varie altre furono osservate da studiosi che si trovavano occasionalmente nel Nuovo Mondo e in Asia.

La maggior parte degli astronomi di professione che osservavano un’eclisse  non guardavano il Sole direttamente nel cielo, ma passavano quegli istanti preziosi scrutando l’immagine dell’eclisse proiettata su uno schermo attraverso un telescopio. Su tale immagine misuravano i dettagli dell’oscuramento del Sole prodotto dalla Luna, argomento che era allora di grande interesse. Comunque coloro che guardarono direttamente il Sole durante la totalità dell’eclisse concordavano nella loro descrizione: attorno alla Luna c’era un debole anello di luce fioca, di ampiezza uniforme, rossastro e sottile. Nessun osservatore descrisse la corana biancastra e di struttura complessa che oggi e così comune ed evidente.

Sulla base di quei resoconti mi sono convinto che al tempo del minimo di Maunder la corona solcata da pennacchi era o del tutto assente o cosi poco luminosa che non si vedeva altro che la luce zodiacale.

A giudicare dalle apparenze, i resoconti delle eclissi sembrerebbero una prova evidente della realtà del minimo di Maunder. Come già facemmo trattando i resoconti sulle aurore boreali, dobbiamo però considerare anche ciò che fu visto nei tempi precedenti. Non ho potuto trovare descrizioni di una corona dotata di strutture durante nessuna eclisse in nessuna epoca anteriore al minimo di Maunder! Le eclissi totali di Sole hanno suscitato nell’uomo attenzione e paura per millenni; come si spiega che in migliaia di descrizioni di centinaia di eclissi totali di Sole sia sfuggito all’attenzione di tutti lo spettacolo più bello e impressionante? Forse siamo capaci di vedere solo ciò che stiamo cercando, indipendentemente dall’evidenza del fenomeno, basti pensare che solo in pieno XIX secolo ci si rese conto che la corona faceva parte del Sole. Forse gli osservatori rimasero abbagliati dagli ultimi raggi di Sole prima che l’eclisse raggiungesse la totalità e perciò non notarono la presenza dell’eterea corona. Penso che chiunque abbia vista a occhio nudo l’affascinante bellezza della corona, troverà, come me, queste scuse del tutto inadeguate. Sembra dunque possibile che il Sole sia effettivamente rimasto privo della corona per un periodo molto piu lungo del minimo di Maunder, forse per varie centinaia di anni. Tale assenza coinciderebbe allora con un precedente periodo di minimo prolungato nell’attività solare, che chiamo minimo di Sporer, e che è evidente nei conteggi delle aurore boreali, nell’assenza di osservaziani di macchie salari a occhio nudo e nell’aspetto degli anelli di crescita degli alberi. Tutto ciò implicherebbe che la corona odierna possa essere un aspetto transiente del Sole di origine relativamente recente. Un indizio indipendente sul minimo di maunder proviene dal lavoro che Dorothy E.Trotter, Peter A. Gilman e io abbiamo fatto per ricostruire le caratteristiche della rotazione solare del Sole nel XVII secolo. Le osservazioni moderne dimostrano che il Sole non ruota come un corpo rigido; alle latitudini più elevate ruota più lentamente, così che le regioni equatoriali del Sole compiono un giro completo in 27 giorni, mentre le regioni polari ne impiegano 31. Teorie moderne sulla fisica del sole sostengono che la rotazione differenziale osservata produce il ciclo delle macchie solari per mezzo di un meccanismo di dinamo solare, in cui i campi magnetici solari generati nell’interno profondo interagiscono con la rotazione differenziale della superficie producendo correnti elettriche, che generano a loro volta i campi magnetici delle macchie. Pertanto, in presenza di una marcata anomalia nel numero delle macchie solari, ci  potrebbe aspettare di trovare una concomitante anomalia nel campo magnetico del Sole oppure nella rotazione della sua superficie.

La rotazione del Sole può essere misurata con grande accuratezza facendo uso di una serie di disegni in cui sono riportate giorno per giomo le posizioni delle macchie solari. Le macchie rendono evidente la rotazione della superficie, così come le foglie galleggianti in un ruscello individuano il flusso dell’acqua. Trotter, Gilman e io abbiamo ricostruito le caratteristiche della rotazione differenziale del Sole nel XVII secolo esaminando i disegni originali del Sole e delle macchie che si trovano in due vecchi libri: il  Rosa Ursina, di Christoph Scheiner, pubblicato nel 1630, prima cioe dell’inizio del minimo di Maunder, e il Selenographia, di Johannes Hevelius, che per un caso fortuito venne pubblicato nel 1647, proprio all’inizio del minimo.

In entrambi i libri troviamo disegni giornalieri dell’aspetto del Sole quasi senza interruzioni per un periodo di circa due anni. La rotazione del Sole che ricaviamo dai disegni di Scheiner nel Rosa Ursina per gli anni 1625 e 1626 assomiglia molto a quella odierna: la velocità di rotazione del Sole varia con la latitudine in modo analago. I disegni di Hevelius, fatti a cominciare dal 1642 fino a tutto il 1644, proprio quando le ultime macchie andavano svanendo prima della lunga assenza, mostrano un cambiamento cospicuo e significativo. L’equatore solare aveva accresciuto la sua velocità completando la sua rotazione in un tempo inferiore di un giorno intero rispetto al periodo del 1625! In effetti, la velocità di rotazione all’equatore aveva avuto un incremento triplo rispetto a quella delle regioni a latitudine più elevate. Scoprendo questo cambiamento nello schema di rotazione della superficie del Sole proprio quando le macchie cominciavano a svanire, abbiamo forse individuato il responsabile del crimine? Il cambiamento nella rotazione differenziale del Sole fu la causa del minimo di Maunder o ne fu solo una conseguenza?

I cambiamenti intervenuti nel clima mondiale coincidono con le variazioni a lungo termine nell’attività solare. Il ciclo delle maccchie solari dal 1610 al 1950 (in grigio) è rappresentato insieme con le osservazioni effettuate in Oriente (fino al 1750) di grandi macchie solari viste a occhio nudo (punti). L’abbondanza relativa del carbonio 14 nell’atmosfera, che viene determinata per mezzo dell’analisi degli anelli di crescita degli alberi, è rappresentata dal 1050 al 1900 (in nero). Il rapporto tra l’abbondanza del carbonio 14 e quella dell’isotopo comune del carbonio varia con l’attività solare : Quando il sole è quieto viene prodotta nell’atmosfera una quantità maggiore di carbonio 14, invece quando il sole è attivo se ne produce una quantità minore. Nella illustrazione la curva di abbondanza cresca verso il basso per permettere un confronto diretto con la curva dell’attivtà solare. La curva del carbonio 14 e quella del numero delle macchie solari sono in buon accordo. I picchi e le valli della curva che rappresenta il rigore degli inverni a Parigi e a Londra in base alle registrazioni storiche del climatologo inglese Hubert H.Lamb. L’indice del rigore degli inverni è stato traslato per tenere conto del fatto che c’è un ritardo di circa 40 anni tra la produzione di carbonio 14 nell’atmosfera e l’assorbimento da parte degli alberi. A partire dal 1900 circa, quando aumentarono sia l’attività solare che la temperatura sulla Terra, le variazioni di abbondanza del carbonio 14 non sono più un indicatore efficiente dell’attività solare; il disaccordo è dovuto all’effetto Suess, cioè alla diluzione del carbonio 14 nell’atmosfera, a causa del consumo di combustibili fossili nell’età moderna.

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Pubblicato 13 dicembre 2012 da Massimo Bandinelli in Animo, Musica, Terra - Sole- Tutto il cielo